mercoledì 2 gennaio 2013

IL VUOTO DENTRO

A quali orrori, umiliazioni, violenze, a quale emarginazione e diseducazione deve essere stata sottoposta la donna che – contro natura, disumanamente – ha partorito il suo bambino nel water di un bagno pubblico e, poi, lo ha lasciato lì, immerso nell’acqua, con il rischio di annegare senza soccorso? 

Quella donna, da non definire belva per non offendere le belve, ha, certamente, tanto odio dentro di sé e intorno a sé. Il suo bambino – che ora sta bene perché è stato salvato in extremis – ha, però, avuto un inizio di vita e, ancor prima, una vita prenatale che lo hanno già precocemente segnato. E’, infatti, un bambino violato dal rifiuto iniziale della madre, concretizzatosi nell’atto di partorirlo in un water e, poi, di andare via, lasciando, dietro di sé, tracce di sangue e di placenta. 

Dov’è, adesso, quella donna? E chi è costei? Quale assenza di sostegno, di aiuto, di cultura, di legalità l’ha ridotta così? Contro questo vuoto – affettivo, culturale, assistenziale, giuridico – si eleva, oggi, lo sdegno di tutte quelle donne che, nel mondo, si organizzano, si oppongono, si battono contro ogni ripetuta forma di femminicidio, anche quando esso viene perpetrato proprio attraverso l’infanticidio. Non può, infatti, che essere morta “dentro” la donna che ha partorito il suo bambino, chiusa in un angusto bagno pubblico, per poi abbandonarlo, fuggendo via. Quella donna è un’altra vittima della violenza che dice “no” alla vita.

Prof.ssa Maria Rita Parsi

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