giovedì 21 febbraio 2013

IL PAPA AI GIOVANI

State uniti, ma non rinchiusi. 
Siate umili, ma non pavidi. 
Siate semplici, ma non ingenui. 
Siate pensosi, ma non complicati. 
Entrate in dialogo con tutti, ma siate voi stessi.

Papa Benedetto XVI

mercoledì 20 febbraio 2013

NULLA ACCADE PER CASO

Chiedetevi sempre il perché delle cose. 
Perché sono qui.
Perché ora. 
Perché ho incontrato questa o quella persona. 
Nulla succede per caso.

lunedì 18 febbraio 2013

LIBERTà E GIUSTIZIA SOCIALE

Mi dica, in tutta coscienza, lei può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perchè non sa come mantenere i suoi figli ed educarli? Questo non è un uomo libero, sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma questa non è libertà. La libertà senza giustizia sociale è una conquista vana.

Sandro Pertini

La  fede in Dio si può averla senza saperlo. 
Anzi, forse la si ha solo quando si crede di non averla. 
La fede si dimostra nell'azione.

Mario Soldati


domenica 10 febbraio 2013

LA SACRA SINDONE SPIEGATA DALLA SCIENZA




La Sindone di Torino, nota anche come Sacra Sindone, è un lenzuolo funerario di lino conservato nel Duomo di Torino, sul quale è visibile l'immagine di un uomo che porta segni di maltrattamenti e torture compatibili con quelli descritti nella Passione di Gesù. La tradizione identifica l'uomo con Gesù e il lenzuolo con quello usato per avvolgerne il corpo nel sepolcro. La sua autenticità è oggetto di fortissime controversie.
Il termine sindone deriva dal greco σινδών (sindon), che indicava in senso generale un ampio tessuto, come un lenzuolo, e ove specificato poteva essere di lino di buona qualità o tessuto d'India. Anticamente sindone non aveva assolutamente un'accezione legata al culto dei morti o alla sepoltura, ma oggi il termine è ormai diventato sinonimo del lenzuolo funebre di Gesù.

Nella sindone, in corrispondenza della fronte, del cuoio capelluto e della nuca si notano numerose impronte puntiformi correlabili a ferite da punta, provocate da una singolare corona intrecciata di lunghe spine. Le ferite e i rivoli di sangue sono più evidenti sul volto e sulla nuca, ma guardando attentamente l’immagine siamo indotti a pensare che la corona avvolgesse tutto il capo, visti i segni di molte ferite sulla calotta cranica, sulla fronte, sulle tempie e sulla nuca dell’uomo della sindone.
Nel volto si possono osservare traumi evidenti: tumefazioni sulla fronte, sulle arcate sopracciliari, sugli zigomi, sulle guance, e sul naso dove sono presenti anche escoriazioni. La colatura di sangue a forma di 3 rovesciato, sulla fronte corrugata dallo stress, proviene dalla vena frontale, e forse fu provocata da un corpo contundente. Si nota anche la probabile sanguinazione e fuoriuscita di liquidi dall’occhio destro e dalla bocca. La barba sembra parzialmente strappata e i capelli ricadono sui lati del volto con macchie di sangue. Il volto tuttavia ha un aspetto composto e divinamente sereno nella sua dolorosa maestà.
Il volto dell’uomo della sindone, nella fotografia in negativo, presenta un contrasto maggiore dell’immagine in positivo e una luminosità (luminanza) maggiore di quella dell’intera immagine corporea. Questo fatto può far pensare che il volto abbia sprigionato una quantità di energia più elevata. Il mandilion (o fazzoletto) venerato in oriente a Edessa raffigurava il volto di Gesù ed era considerato dai cristiani del tempo un’immagine achiropita, cioè non fatta da mano d’uomo: questo volto e’ stato il modello originale che ha ispirato le prime icone del salvatore in oriente.
Queste icone del volto santo presentano una notevole corrispondenza con i tratti e i capelli del volto sindonico.
Ai condannati alla morte di croce, ai tempi di Gesù, a Roma ed a Gerusalemme, veniva legato dietro le spalle, a mani tese, il patibolo, una grossa trave che poi, al momento finale dell’esecuzione, si inseriva in vari modi, sull’altro palo verticale, già fisso in terra. Gli storici ci parlano dell’aperta ribellione e riluttanza di coloro che dovevano essere crocifissi ad essere legati alla trave, e si doveva ricorrere alla forza per convincerli. Nell’uomo della sindone si immagina una trave legata dietro le spalle a mani tese, probabilmente il patibulum romano, il braccio orizzontale della croce.
Si vedono infatti due segni di contusioni: un’ampia ecchimosi sulla scapola sinistra e una ferita sulla spalla destra che si possono attribuire al trasporto del legno della croce.
Le contusioni risaltano nella parte alta della schiena dove sono particolarmente fitti i colpi dovuti alla flagellazione inflitta in precedenza.
Si contano più di 370 ferite lacero-contuse dovute al flagello (il flagrum romano), maggiori nell’immagine dorsale; se si tenesse conto delle ferite laterali che non appaiono sulla sindone il numero aumenterebbe ancora.
Le lividure dei colpi di flagello sono così frequenti sul petto, che a mala pena si può trovare un posto della grandezza di una punta di spillo esente da colpi. Esse si incrociano sempre e si estendono lungo tutto il corpo, fino alla punta dei piedi. Le spalle sono interamente lacerate e contuse dai colpi di frusta che appaiono dappertutto. Lo strumento usato per la tortura aveva probabilmente 3 corde terminanti con pezzetti di ossi o con piombini appuntiti: la forma diversa di alcune ferite fa pensare a diversi strumenti di tortura. La precisione e la direzione dei colpi che non hanno risparmiato quasi alcuna zona cutanea fanno pensare ad almeno 2 postazioni dei carnefici, ai 2 fianchi dell’uomo della sindone. Si possono contare più di 120 frustate, causa delle 372 ferite da flagello osservate dagli studiosi sulla sindone.
L’uomo cade a mani tese, in quanto legate al patibulum, il ginocchio sinistro appare chiaramente escoriato a causa delle violente cadute e dell’impatto con il terreno, in quella posizione è stato anche trovato terriccio che conferma la caduta a terra, nel ginocchio destro le escoriazioni sono meno evidenti. Si vedono inoltre contusioni al volto: una tumefazione dello zigomo destro, incisioni da cadute sullo zigomo sinistro, un grumo di sangue sulla palpebra sinistra, ecchimosi delle palpebre e ferite lacerocontuse dei sopraccigli, leggera deviazione della punta del naso (dove e’ stata trovata anche polvere di terra) e ferite alla labbra .

Il sangue analizzato sulla sindone rivela alcune particolari caratteristiche: l’intenso colore rosso che colpisce chi osserva il telo da vicino è dovuto ad uno straordinario contenuto di bilirubina che effettivamente è presente nel sangue sindonico analizzato; i medici anatomopatologi dicono che questa caratteristica è tipica del sangue di un uomo che ha sofferto molti traumi.
La scarsa presenza di potassio nel sangue poi, indica che l’uomo della sindone è stato sottoposto ad enormi fatiche fisiche, come il trasporto della croce, e ha sofferto conseguentemente una forte disidratazione.
Le tracce di sangue, sono coerenti con la corrispondente posizione delle ferite sul corpo umano; esse si sono fissate sul lenzuolo prima della formazione dell’immagine corporea (sotto le macchie di sangue non c’è immagine), non sono state alterate da agenti esterni come calore intenso o acidi e non presentano segni di decomposizione; la direzione delle colature di sangue è coerente con l’accelerazione di gravità non si notano sbavature o rotture di croste in corrispondenza dei bordi delle ferite.
L’immagine sindonica è estremamente superficiale: solo 2 decimi di millesimo di millimetro; solo 10, 20 fibrille delle 200 fibrille che compongono ogni filo di lino sono state intaccate dall’immagine. Le fibrille appaiono essiccate come in un processo di invecchiamento più veloce dovuto ad una radiazione o ad una fonte di energia non ancora nota agli scienziati.
Molte macchie di sangue si sono coagulate sulla pelle dell’uomo ferito, altre appartengono al versamento post-mortem, soprattutto dal costato e dalle ferite dei chiodi. Secondo le analisi chimiche, il sangue è vero sangue, mentre in luce ultravioletta sono stati scoperti aloni di siero intorno ad ogni singola macchia di sangue.
La crocifissione rivela l’aspetto più crudele della condanna di Gesù. Per crocifiggere si usavano o le funi o i chiodi ma la prima strana rivelazione di questo crocifisso è che braccia inchiodate sul palmo della mano, come tutti gli artisti ci hanno sempre mostrato, non reggevano il peso del corpo e si sfilavano dal chiodo.
I romani, usi a questo genere di tortura, sapevano bene che, se volevano rendere staticamente sicura una crocifissione, dovevano inchiodare l’arto superiore nel carpo o nello spazio tra il radio e l’ulna, dove scorre il nervo mediano che, se leso, procura un dolore lancinante e la paralisi del pollice.
Dal sangue impresso sulla sindone risulta che l’uomo avvolto, dopo molteplici torture, fu ucciso con il supplizio della crocifissione. Mani e piedi presentano ferite causate da chiodi e la posizione è conforme a quella di un uomo crocifisso. L’uomo presenta le mani incrociate sul basso ventre; la sinistra passa sopra il polso destro nascondendolo, perciò soltanto questa mano mostra la piaga prodotta dal chiodo. Tuttavia le evidenti colature di sangue lungo il braccio destro, fanno supporre l’esistenza di una simile ferita da chiodo anche al polso destro. Nelle impronte delle mani non sono visibili i pollici: il chiodo infatti, trapassando il polso, ha provocato la lesione del nervo mediano causando dolori lancinanti e la flessione del pollice ad esso collegato. Riguardo le lesioni dei piedi si vede che il piede sinistro era inchiodato nella parte superiore e sovrapposto al destro contro la croce. L’impronta dorsale del piede mostra anche i coaguli delle colate di sangue: al centro si nota una chiazza quasi rettangolare che corrisponde al punto di infissione del chiodo: da qui partono i rivoli del sangue colato durante la crocifissione. Sopraggiunta poi la rigidità cadaverica i piedi hanno mantenuto la stessa posizione nel sepolcro.

La grande macchia di sangue sul torace dovuta alla trafittura di una lancia è segno di morte già avvenuta in quanto il sangue fuoriuscito è scomposto in sangue e siero, cioè è di tipo post-mortale. Si nota la parte più densa corpuscolata e la parte sierosa più rosata.
Gli ultimi studi medici hanno indicato nella rottura del cuore o infarto per emopericardio la causa di morte dell’uomo della sindone.
Il pericardio è la membrana che avvolge il cuore ed è composta da un foglietto interno ed uno esterno: questa cavità sottilissima, per eventi patologici, si può riempire di sangue fino a 2 litri e fino alla rottura della membrana interna: la lacerazione è accompagnata da un forte dolore retrosternale cui corrisponde un grido, seguito da morte immediata.
I medici patologi hanno supposto un processo infartuale iniziato in precedenza per cui il sangue contenuto nelle cavità cardiache è passato lentamente all’interno del sacco pericardico. Si può immaginare l’inizio di questo processo d’infarto nell’agonia del Getsemani, quando si è verificata una altissima e prolungata tensione che è descritta nei vangeli come una sudorazione di sangue o ematoidrosi.
Ci sono segni evidenti di una rigidità statuaria. Quando l’uomo era già morto in croce il sangue deve essersi raccolto soprattutto nella parte inferiore delle gambe e dei piedi: tolti i chiodi il sangue contenuto nelle vene e nelle arterie ha cominciato a defluire, anche per il cambiamento di posizione da quella verticale a quella orizzontale. Vari studiosi suppongono che il corpo sia stato sommariamente lavato, appena dopo la deposizione dalla croce: infatti l’uomo flagellato così duramente e coronato di spine era certamente coperto da una maschera di sangue che avrebbe macchiato completamente il lenzuolo.
Il sangue post-mortale sarebbe stato lasciato sul cadavere. L’uomo della sindone, in accordo con la tradizione ebraica è stato avvolto in un lenzuolo subito dopo la deposizione. Visto però che sulla sindone le ferite mostrano contorni perfettamente delineati, senza sbavature o rotture di croste si può pensare ad un secondo lenzuolo utilizzato per avvolgere il cadavere nel sepolcro.
Tuttavia l’assenza di tracce di decomposizione fa pensare ad un contatto corpo–telo solo per un breve periodo.
L’immagine corporea inoltre presenta caratteristiche tridimensionali: esiste una relazione matematica esatta che correla la distanza corpo-lenzuolo e i livelli di intensità dell’immagine. Le diverse tonalità infatti mostrano particolari di immagine anche in zone dove il drappeggio del lenzuolo non permette il contatto con il corpo, per esempio nella zona compresa tra guance e naso e quella intorno alle mani.

Dal tramonto del sole al brillare delle tre stelle: questo è il tempo a disposizione dei discepoli per curare la sepoltura di Gesù: un’ora in tutto. Non meno di trenta minuti dovevano passare dalla richiesta a Pilato al ritorno al Calvario, dopo l’acquisto della sindone in un negozio di Gerusalemme. In quest’ultima mezz’ora si dovette concludere tutto: tolsero il chiodo ai piedi, disinnestarono il patibolo dallo stipite, calarono il sacro corpo, tolsero i due chiodi dalle mani e lo trasportarono nel vicino sepolcro, di proprietà di Giuseppe d’Arimatea.
Lo ricomposero sommariamente disponendogli le braccia sulla zona pubica e lo adagiarono sul letto del sepolcro già ricoperto di aromi dove era stata deposta la prima metà della sindone in senso longitudinale. Coprirono poi il corpo con la seconda metà della sindone e la grande pietra fu rotolata davanti all’ingresso. A questo punto le tre stelle brillavano, gli ultimi tre squilli di tromba annunziavano l’inizio del riposo sabbatico: bisognava dunque affrettarsi a rientrare a casa. Mancò dunque il tempo per una completa sepoltura ma il tutto, per la legge ebraica, sarebbe stato rimandato a dopo la festa del sabato.
Non c’è segno di putrefazione alcuna o di decomposizione nelle macchie di sangue, la fibrinolisi (il ridiscioglimento delle croste di sangue) si è interrotta 36, 40 ore circa dopo la morte, una radiazione di energia ha fissato un’immagine così perfetta che gli scienziati hanno potuto ricostruirla in forma tridimensionale al computer, ogni punto risulta perfettamente ortogonale al corpo. Le ricerche ipotizzano una sorgente di radiazione estremamente direzionale come in un campo elettrico di potenza elevatissima, in un tempo infinitesimale: il telo è stato intaccato in modo solo estremamente superficiale: solo 10, 20 fibrille delle 200 circa che compongono un singolo filo di lino sono state ingiallite da un precoce invecchiamento, per giunta queste fibrille sono state colorate singolarmente in modo uniforme intorno a tutta la loro circonferenza, come investite da fiotti di quanti di energia, mentre le fibrille adiacenti non sono state minimamente intaccate.
Nel mistero della sindone anche l’assenza di sbavature di sangue indica che il corpo non è stato spostato, è uscito dal lenzuolo come un corpo divenuto ‘meccanicamente trasparente' il mattino della domenica di Pasqua. Le bende per terra e il sudario avvolto o afflosciato hanno indotto Giovanni sulla soglia del sepolcro, a dire … “e vide e credette” (Gv 20,8).
Tutto questo è spiegabile solo con un evento eccezionale come la resurrezione e una resurrezione dove il corpo non torna semplicemente in vita, ma acquista proprietà uniche, diventando capace, per esempio, di attraversare altri corpi, come il lenzuolo.
Questo in effetti narrano i Vangeli del corpo risorto di Gesù che entrò nella stanza del cenacolo sebbene le porte fossero sbarrate. Alcuni fisici hanno ipotizzato il formarsi del «corpo meccanicamente trasparente» (mechanically transparent body, Mtb), ma la reazione nucleare che presuppone avrebbe investito tutta Gerusalemme. Allora si è affinata l’ipotesi con la teoria del «metodo storico consistente» (Historically consistent method, Hcm). Ma nel suo studio Baldacchini osserva: «L’unico fenomeno conosciuto in Fisica che conduca alla sparizione completa della massa con produzione di energia equivalente è il “processo di annichilazione materia-antimateria” (AMA) che oggi può essere riprodotto solo a livello subatomico nei laboratori di particelle elementari, ma che è stato dominante invece subito dopo il Big Bang, cioè negli istanti iniziali di esistenza del nostro universo».

Tratto da 
La sindone, una sfida alla scienza moderna
Prof . Giulio Fanti 


mercoledì 6 febbraio 2013

CAMERON E MACKENZIE: I DUE PICCOLI «MIRACOLI» CHE METTONO IN IMBARAZZO LA LEGGE INGLESE SULL'ABORTO




L’aborto in Inghilterra è permesso fino alla 24esima settimana. Ma Pam ha dato alla luce Cameron e Mackenzie alla 23esima settimana.

«Oggi Pam dice che i suoi figli miracolati la riempiono di stupore, ma è arrabbiata e si sente umiliata per il fatto che la legge continui a permettere l’aborto anche di bambini più grandi dei suoi». Così scrive il Daily Mail, riportando la storia di una donna che mette in imbarazzo i sostenitori della legge sull’aborto in Inghilterra, permesso fino alla 24esima settimana. Quando Pam, a 39 anni, ha dato alla luce i suoi gemelli, infatti, questi avevano solo 23 settimane.

IL PARTO. Tutto è cominciato mentre Pam si trovava in vacanza con il marito Lee in Marocco, dove la donna è stata colta da forti contrazioni. La vita dei due bambini era in pericolo e per cercare di salvarli i due genitori decidono di tornare d’urgenza a casa. Ma in Inghilterra, i medici non sono tenuti in caso di complicazione a rianimare i bambini che nascono così prematuri, ecco perché Pam aveva molta paura al momento di sottoporsi all’intervento d’urgenza. Mackenzie e Cameron però nascono, le loro condizioni sono da subito critiche ma contro ogni pronostico sopravvivono: «È stato incredibile guardarli – ricorda la madre – Volevano vivere con tutte le loro forze, questo era evidente».

«VERI MIRACOLI». A due settimane dal parto, ancora complicazioni: si rende necessaria un’operazione per chiudere una valvola che di solito si rimargina naturalmente. Questa volta anche Pam e Lee pensano che per i loro figli non ci sarà niente da fare. E invece ce la fanno entrambi: «Sono dei veri e propri miracoli», spiega Pam. I due gemelli rimangono in ospedale per altri due mesi e tornano a casa il 7 dicembre. Ora il loro sviluppo è regolare, anche se «avranno bisogno di cure, di occhiali, non ci vedono bene, ma sono vivi!».

IMBARAZZO PER GLI ABORTISTI. La storia di Mackenzie e Cameron ha scosso l’Inghilterra, perché ha mostrato che a 23 settimane dei bambini possono nascere e vivere. Secondo le statistiche, questo avviene nel 19 per cento dei casi. Numeri difficili da digerire per chi appoggia i parametri inglesi sulla legislazione abortiva, che non considera come vita umana un feto fino alla 24esima settimana.


Benedetta Frigerio

domenica 3 febbraio 2013

FATE TUTTO BENE




Qualunque cosa tu faccia, falla bene: il risultato finale e la tua soddisfazione non avranno paragoni.